“ […] ho finito per convincermi del fatto che in sostanza tutte le malattie, anche quando non hanno una base psicosomatica, presentano senza dubbio una componente psicosomatica ben precisa. Le recenti innovazioni tecnologiche ci hanno consentito di analizzare le basi molecolari delle emozioni, e così abbiamo cominciato a capire in che modo le molecole delle nostre emozioni sono connesse in modo intrinseco, direi addirittura inscindibile, alla fisiologia. Sono le emozioni, ho finito per capire, a unire fra loro mente e corpo.[…]”
Candace B. Pert, Molecole di Emozioni
Tutto è connesso.
In un gioco di fanta-filosofia potremmo immaginare un moderno Eraclito fare questa osservazione davanti allo scorrere dei fiumi di oggi. Ogni cosa nel nostro mondo è collegata a ciò che la circonda: persone, luoghi, culture, idee, scoperte… gossip. Niente è escluso, anche virus e batteri ci uniscono e, ahimè, lo sperimentiamo quotidianamente sulla nostra pelle in questo periodo di Covid-19. Grazie al grande bagaglio di conoscenze scientifiche che abbiamo conquistato nel tempo possiamo dire che tutta la natura è interconnessa.
Noi stessi siamo un sistema in cui cellule, organi e apparati sono collegati e comunicano tra loro in ogni istante. Grazie alla Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), che integra nel suo paradigma un articolato percorso di osservazioni cliniche e scoperte neuroscientifiche, oggi sappiamo in che modo il sistema nervoso, il sistema endocrino e il sistema immunitario comunicano e connettono il nostro complesso mente-corpo.
Quando ci ammaliamo possiamo ipotizzare che qualcosa negli interscambi tra le parti che ci compongono sia andata storta. Ne è un esempio la somatizzazione, un processo in cui gli stati emotivi trovano manifestazione in uno o più sintomi fisici. Nei bambini, che non hanno ancora portato a maturazione lo sviluppo delle aree del cervello dedicate all’elaborazione cognitiva dei propri vissuti, il corpo è lo strumento principe di espressione delle emozioni. In tenera età disturbi psicosomatici come coliti, vomito, dermatiti, cefalee e disturbi respiratori sono molto frequenti e sono il frutto della complessa comunicazione tra bambino e sistema famigliare.
E se siamo noi adulti a somatizzare?
Possiamo ipotizzare che, per qualche motivo relativo al nostro sistema di credenze o alla rete di relazioni in cui siamo immersi, le emozioni che viviamo non possano affiorare alla nostra consapevolezza perché in qualche modo “proibite”. Così il corpo si fa portavoce di bisogni e desideri inespressi che prendono forma in una sofferenza fisica. La malattia, in questa chiave di lettura, non un è un evento alieno che si abbatte su di noi, bensì l’emergere in superficie del nostro mondo sommerso che si pronuncia attraverso uno specifico linguaggio simbolico.
Il sintomo può diventare una guida e un portatore di significati dimenticati che, se sapientemente ascoltato e accolto, può consentire il nutrimento delle parti rimaste scollegate dal nostro campo di consapevolezza. La psicoterapia psicosomatica può fungere da ponte nel ripristinare la connessione perduta tra le parti del sé, favorendo ciò che C.G. Jung chiamava “processo di individuazione”: il lungo e complesso viaggio di ritorno alla completezza.